IL MISTERO DELLA DIVINA CHIAMATA – Sr. Ch. Cristiana Scandura osc – 5. Meditazione

LA VOCAZIONE, INCROCIO DI SGUARDI

Vocazione è sentirsi avvolti da uno sguardo d’amore e abbracciati dall’Eterno. Ma spesso lo sguardo umano non incrocia quello divino e si ferma solo alle cose di quaggiù. Quando il Signore chiama invita prima di tutto ad entrare in uno speciale rapporto con Lui e solo dopo affida una missione. Nel racconto evangelico del giovane ricco non scatta questa relazione e pertanto va a vuoto anche l’invito del Maestro (Mc 10,17-27). Meditiamo su questo episodio.

“Tutto questo l’ho sempre fatto” (cfr Mc 10, 20).

Il giovane che si avvicina a Gesù sembra lanciatissimo sulla via del bene. Mentre gli altri si accostano al Signore per metterlo alla prova o chiedergli la guarigione dalle malattie, lui invece lo cerca per sapere qualcosa della vita eterna. Il terreno era fertile, dunque, ma anche pieno di rovi pronti a soffocare il seme. Quali rovi? Una certa presunzione, anzitutto, che conduce questo tizio a esibire dinanzi a Gesù la sua osservanza cristallina, da sempre! Una sorta di impeccabilità radicale.

“Gesù, fissatolo, lo amò” (Mc 10, 21).

Gesù coglie la parte positiva di questo giovane, non lo rifiuta, magari facendogli notare la sua presunzione. Il Maestro intuisce ciò che gli manca, che è proprio l’esperienza del Suo amore e gli dà la possibilità di sperimentarlo in diretta e in quel preciso istante. Lo fissa negli occhi con uno sguardo tenerissimo e intensissimo di amore per lui, lui solo, come se in quel momento non vi fosse nessun altro sulla faccia della terra. Perché così ama Dio, quel Padre che sa contare solo fino a uno. Quell’uno è ogni uomo, sei tu… e ogni vocazione è questo abbraccio di amore del Creatore che fissa la creatura, evocando quel progetto della creazione pensato apposta per essa, sulla sua misura, e firmato dall’Eterno! Vocazione è sentirsi avvolti da questo sguardo, quasi abbracciati da esso.

“UNA COSA SOLA TI MANCA…” (Mc 10, 21).

In fondo questo giovane è già a buon punto, gli manca solo una cosa, dice Gesù, rivolto forse anche a noi, che riusciamo sempre a complicarci la vita, pensando che dobbiamo fare chissà che per seguire il Maestro e accoglierne la chiamata. E invece basta una cosa sola, una scelta unica che potrebbe però cambiare tutto e togliere ogni tristezza, perché significherebbe aver trovato l’essenziale, ciò che carica di senso la vita e che nessuno ci potrà portare via; e assieme vorrebbe dire aver identificato ciò che ci trattiene ancora e non ci fa essere liberi di scegliere e di fare scelte anche un po’ folli, nate dalla gioia di quell’abbraccio.

“…va’, vendi… dallo; vieni e seguimi”

Ecco l’unica cosa, anche se declinata in 5 verbi, i primi 3 in direzione interpersonale-orizzontale, gli altri due riguardanti il rapporto personalissimo con Gesù. “Udito questo, il giovane se ne andò triste” (mt 19, 22). L’interpretazione abituale motiva il rifiuto con l’attaccamento alle ricchezze da parte del giovane. Forse però il vero motivo vada ricercato più a monte: questo giovane non si era lasciato raggiungere dall’amore di Gesù, i suoi occhi non avevano incrociato quelli del Maestro che lo fissavano; preoccupato di esibire la propria osservanza della legge non si era accorto di quel gesto di amore proprio per lui. Se ne fosse accorto, o fosse stato libero di accoglierlo, avrebbe scoperto l’assoluta sproporzione tra le sue terrene ricchezze e la ricchezza di questo amore, non avrebbe avuto dubbi sulla scelta e sarebbe stato felice! Certo che poi non ha la forza di fare lo strappo: è solo la certezza di essere amato, che dà energia e coraggio di fare cose che sembrano impossibili. Altrimenti c’è un’unica alternativa: la tristezza o la sensazione di aver buttato via un’occasione unica. È l’afflizione di questo giovane che se ne va sconsolato: giovane molto più triste che ricco. (Continua)

Sr. Ch. Cristiana Scandura osc

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