IL MISTERO DELLA DIVINA CHIAMATA – Sr. Ch. Cristiana Scandura osc – 6. Meditazione
“TI HO CHIAMATO PER NOME, TU MI APPARTIENI” (GER 43,1).
La chiamata per nome è tipica di Dio: Dio ha un nome, un volto e cerca il nostro volto, ha un cuore, ci dona il suo cuore aperto sulla croce e cerca però anche il nostro cuore: Francesco è rapito dalle parole che gli rivolge il Crocifisso e nel momento in cui entra in sintonia con la volontà di Dio, rispondendo alla chiamata, inizia per lui un’avventura meravigliosa, un cammino di risurrezione.
La chiamata esprime l’intensità dell’amore di Gesù Cristo, la risposta alla chiamata edifica il Regno di Dio e compie nella persona che risponde la realizzazione della santità cristiana che è adesione al progetto di Dio. Ogni vocazione è un incontro con il Signore e nasce dallo stupore di fronte alla scoperta di essere amati in modo preveniente e gratuito da Dio. La chiamata è un’esperienza profonda dell’Amore di Dio. La prima cosa che dobbiamo fare è dunque quella di accoglierlo con gratitudine. È l’amore che cambia la vita, che dà il tono alla vita, che dà l’impronta e la tempra della fedeltà. È il cuore il luogo in cui si incontra Dio.
VOCAZIONE DEI DISCEPOLI E DEI CRISTIANI
La vocazione è il mezzo mediante il quale Gesù raggruppa attorno a sé i Dodici, ma fa sentire anche ad altri un’analoga chiamata. La Chiesa nascente ha subito inteso la condizione cristiana come una vocazione. La Chiesa è la comunità dei chiamati, tutti coloro che fanno parte di essa, sono chiamati alla santità, ma è importante che ciascuno scopra e occupi il proprio posto in essa, secondo il disegno di Dio. Scrive San Paolo: “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito, vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore, vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1 Cor 12, 4ss) e inoltre: “Dio ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri ancora come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere ciascuno idoneo a compiere il ministero allo scopo di edificare il corpo di Cristo” (Ef 4, 11-12).
LA CHIAMATA DEI PRIMI DISCEPOLI (Gv 1, 35-51)
Giovanni ci racconta la chiamata dei primi quattro discepoli e in che modo essi giungono, a poco a poco e in modo sempre più profondo a conoscere Gesù. È un crescendo di titoli con cui i discepoli designano il Nazareno: Agnello di Dio, Rabbì, Messia, Figlio di Dio, Re d’Israele. Poiché i discepoli sono simbolo di noi cristiani, nel loro cammino di sequela di Cristo diventa manifesto il cammino che anche noi dobbiamo percorrere. Una cosa che salta subito agli occhi è che ogni volta i discepoli vengono condotti a Gesù tramite degli intermediari. È un’immagine per noi cristiani, che abbiamo bisogno di altri che ci portino a Cristo. Le parole centrali in questo testo sono: “cercare” e “trovare”, “venire” e “vedere”. Il cammino per diventare discepoli è fatto di queste quattro parole. Si tratta di cercare Gesù seguendo l’anelito del nostro cuore. Se cerchiamo troveremo. Ma poi, arrivati da Gesù, dobbiamo vedere, cioè conoscere chi è in realtà e non basterà una vita per conoscerLo, per approfondire la conoscenza della Sua Persona.
I primi due discepoli seguono Gesù poiché hanno dato ascolto all’indicazione di Giovanni il Battista. Gesù si rivolge a loro e domanda: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì (che significa Maestro), dove abiti?”. Qui si racconta in apparenza un dettaglio indifferente; ma l’essenziale si nasconde dietro. La domanda fondamentale riguarda quello che vogliamo, o meglio, ciò di cui andiamo in cerca: “Che cosa cerchi?” Questa è la prima frase rivolta da Gesù ad ogni singola persona che desidera seguirLo: “Tu, con la tua vita cosa vuoi? Qual è il tuo più profondo desiderio?”. Quando entro in relazione con Gesù devo fare chiarezza su questo. Gesù conosce ogni singola persona e guarda sin nelle profondità del suo cuore. Non possiamo avvicinarci a Gesù senza essere messi a nudo dal suo sguardo, senza essere posti a confronto con la nostra verità personale. Nell’incontro con Gesù la nostra esistenza viene illuminata e svelata.
VOCAZIONE DI FRANCESCO D’ASSISI
La gioia di essere chiamati per nome e di rispondere: “Lo farò volentieri, Signore”.
È di fondamentale importanza ribadire che la chiamata non ha in Francesco, in Chiara, in noi, il suo impulso, la sua sorgente, bensì in Dio. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16), afferma Gesù. Ogni vocazione è un incontro con il Signore. Vediamo come è avvenuto questo incontro nella vita di Francesco d’Assisi. Francesco viene sorpreso da Dio. Mentre era in cerca di gloria umana, parte per andare a combattere. Ma in sogno il Signore lo induce a tornare indietro, contrapponendo alla gloria umana ricercata da Francesco, una gloria eterna che solo Lui può dare. Quindi è Dio che ha dei progetti su di lui e lo invita a parteciparvi: una sorpresa grandissima che egli ricorderà nella sua ultima volontà, nel Testamento. È proprio quella sorpresa che lo lascia stupito, lo trasforma, lo rende nuovo. Ma la sorpresa più grande fu quella di incontrare Cristo nell’uomo e nell’uomo povero, sofferente e più bisognoso, nel lebbroso. Da quel momento in poi ciò che prima sembrava amaro alla sua natura, gli divenne dolce e viceversa. Il punto decisivo nella sua conversione è l’incontro con il Crocifisso. Ogni vocazione trae origine dall’incontro salvifico con Cristo crocifisso. Mentre è in preghiera Francesco sente le parole di Cristo che gli dice: “Và, Francesco, e ripara la mia Chiesa, che come vedi, sta andando tutta in rovina”. A queste parole Francesco balza in piedi e con tutta la volontà, l’entusiasmo, e lo slancio di cui è capace risponde: “Lo farò volentieri, Signore!”. La conseguenza di questa docilità e obbedienza alla Parola è una mirabile fecondità. Della trasformazione di Francesco infatti si accorgono tutti e moltissimi, da lì a poco, vogliono imitare la sua forma di vita, ancora oggi.
Tu HAI SCOPERTO QUAL E’ LA TUA VOCAZIONE?
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